Siamo ancora in calorifera estate nonostante il calendario tende nel farla volgere al termine ed una insolazione notturna m'ha rinvenuto decidendo di rimettere man forte a questo blog che, ricordiamolo. resta il blog meno letto del pianeta!!!
Pensavo di riavviare le pubblicazioni evidenziando una mia avventura terrestre capitata in una scorsa estate in quel di Francavilla al Mare, città che ormai mi ospita da qualche tempo a questa parte!
Il racconto è tratto dalla inutile e demenzialissima raccolta Federa... scaricabile in free download QUI
Pensavo di riavviare le pubblicazioni evidenziando una mia avventura terrestre capitata in una scorsa estate in quel di Francavilla al Mare, città che ormai mi ospita da qualche tempo a questa parte!
Il racconto è tratto dalla inutile e demenzialissima raccolta Federa... scaricabile in free download QUI
Oggi
martedì 2 agosto 3464 è un giorno come tutti gli altri. C’è il sole, la luna da
qualche altra parte ed il mio solito lieve mal di testa causato dagli ettolitri
di luppolo fermentato che ho sorseggiato ieri sera.
Mi
trovo in quel di Francavilla al Mare vicino Pescara nel chietino (si, lo so…
disfunzioni localizzative da piano regolatore districato): una fogna di paese
turistico, ideale per il relax ma non più abbastanza tranquillo da quando c’ha
messo piede il sottoscritto. Pochi giorni ed ho già mandato in crisi
professionale i baristi dei 3 (tre) bar che di solito frequento.
Sin
dalla prima sera mi sono fatto riconoscere, causa capriccio alcolico:
desideravo bere un freschissimo nonché celeberrimo e alcoooolicissimo Long
Island Ice Tea.
Immaginate
la scena.
Al
Bar. Bancone.
GIULIANI: ”Ehm!
Scusi!”
LA BARISTA: ”Dimmi!”
GIULIANI: ”Vorrei un
Long Island Ice Tea.”
La
Barista si blocca. In un primo instante penso che sia caduta in crisi mistica,
un’estasi celestiale forse causata dai fumi del gas anidridico del fusto di
birra. Mi giro alle mie spalle per ricerca visiva e non vedo nessuna Madonna o
santo o affine. Quindi mi illudo del suo incanto pensando che sia stata colpita
da mio fascino uraniano e in un istante immagino una gita con pranzo a sacco
tra le sue bellissime alture in Quarta Coppa C. Ma l’illusione si infrange
quando lei si riprende dalla paralisi traumatica.
Mi
fissa e dice: ”C-COSAA!”
GIULIANI: ”U-un Long Island Ice Tea.”
Lei
suda. Il sudore la trasforma in oro. Ma il panico fa trasfigurare sul viso una
sola immagine, quella di sua madre che le urla:
TE-LO-AVEVO-DETTO-DI-ANDARE-A-FARE-QUEL-CORSO-DA-BARISTA-CHE-PRIMA-O-POI-TE-LO-RITROVI-UN-ESSERE-IMMONDO-CON-PELI-NASCOSTI-CHE-ORDINERA’-UN-LONG-ISLAND-CON-LA-VARIANTE-ICE-TEA.
Le
mamme hanno sempre ragione. Sparisce la mamma e il suo ghiaccio-sguardo ricade
su di me.
LA BARISTA: ”S-Solo
u-un a-attimo!”
S-si
Gi-gir…Ehm…si gira di scatto e immediatamente mi accorgo di voler intraprendere
un altro viaggio tra le Lande Desertiche e Valli Discoscese del suo perizoma.
InZomma.
Si
gira di scatto e osservando dallo specchio nascosto da bottiglie di Gin da
Penny Market noto la barista isterica che comunica nel linguaggio dei muti con
Il Barista. Non conosco bene l’alfabeto muto ma tra i gesti ed il labiale mi è
parso di capire qualcosina del tipo ‘VIENI!..STO CACCHIO DI STINCO CON LE
BASETTE HA ORDINATO UNA COSA CHE NON C’HO CAPITO…UN RHODES ISLAND…STONE
ISLAND…MA CHE E’ NA GIUBBA?...HA SBAGLIATO NEGOZIO?...VUOLE UN LONG ICH E
CHICK…LUNG HAI O NON HAI TIC…CI VUOLE I CURACAO?...SALVAMI…AIUTAMI…HELP, I NEED
SOMEBODY HELP (Lennon/McCartney)
Il
Barista si avvicina. E con voce baritonale tipo comparsa da fiction del lunedì
sera mi guarda, sorride e dice:
“Prego!”
GIULIANI: ”Un Long
Island Ice Tea.”
IL BARISTA: ”EEEEEH!...-pausa-…Ma
che è un cocktail?”
GIULIANI: ”No! E’ un
depliant per scarpe da trekking! Certo che è un
cocktail! Ma se non sapete farl…insomma…prendo un’alt…”
Mi
interrompe IL BARISTA: ”Un Momento
solo!”
Incrocia
il suo sguardo allucinato con quello della barista quasi in lacrime. I loro
occhi fanno intendere che dopo questa estate si iscriveranno al a quel corso da
Barman.
Panico.
Il
silenzio cala dietro al bancone.
Si
sente solo la voce stridente di una ragazzina vestita verde acido che urla a
martello: ”MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA?
MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA?...”
Bisognava
intervenire.
Il
barista chiama a rapporto tutti i dipendenti. Raduna anche i camerieri che
servono i tavoli fuori dal Bar. Iniziano a confabulare tra di loro nella speranza
che qualcuno conosce gli ingredienti dell’ormai famigerato Long Island Ice Tea.
A
breve distanza stavo origliando e credetemi ne ho sentite di tutti i gusti e colori.
Proposte di un misto tra Ribes e Caffè Borghetti con spruzzo di Montenegro; uno
shaker di Stravecchio-Maraschino-Limoncello-Amaro Lucano; ricordi di un rito
celtico in cui viene bruciato su una piastra una fettina di limone unta nello
Scotch; ma il genio della situazione propose:”Digli che non possiamo farlo
perché è finito il Mapo Mapo!”
Incredibile.
Eppure
è facile fare il Long Island Ice Tea. Si riempie un bicchiere di ghiaccio. Si
aggiunge succo di limone. Tequila. Gin. Rum. Vodka (liscia o al limone da
equilibrare con il succo limonesco). Ed infine riempire e mescolare con della
inutile Coca-cola.
Nel
vedere quella cornucopia di baristi sull’orlo del prepensionamento in giovane
età mi visiona in mente MacGyver come Barman che con dell’amuchina, un limone e
della polvere da sparo avrebbe tirato su un GIN TONIC.
Ad
un certo punto il barista si blocca. Ordina silenzio e decide di tirare fuori
l’arma segreta.
IL BARISTA: ”Portatemi
MARIO.”
Una
luce di speranza accende l’animo dei dipendenti che come di incanto. Si
disperdono nella piazza come faine in cerca di preda bloccando tutte le
ordinazioni. Stava lavorando solo La barista che serviva la Coca-cola alla
ragazzina verde acido. Ma la sua mano è ancora tremolante per via del trauma.
Quindici…15…e
dico Quattordici + uno…minuti dopo arriva MARIO.
Mario
è il barista del Bar affianco: 2 (due,nda) quintali di materiale carnoso
sorretto da due gambe brevettate NASA per sostenerlo. E’ così grasso che sulla
taglia della maglia porta il PIGRECO.
Passa
dall’altra parte del bancone.
MARIO SICURO
DI SE’:
”Prego!”
GIULIANI: ”Un Long
Island Ice Tea!”
MARIO SICURO
DI SE’:
”Subito!”
Tutti
i baristi mi fissarono con orgoglio di vittoria e fecero la ola nel cesso.
Mario
conosce ogni procedimento di quel cocktail misterioso. Alcuni prendono appunti
su un taccuino, altri su un rotolo di carta igienica, altri su una cialda per
gelato da 5 euro. Alcuni riprendono la sequenza con videocamere digitali
connesse via Blu Tooth con la CIA.
Mario
conosce il suo mestiere. Bicchiere. Ghiaccio. Spreme un limone e ne versa il
succo nel bicchiere. Gin. Rum. Tequila. Vodka. Ed infine, come una qualsiasi
Long Island Ice Tea che si rispetti riempie il resto con…L’ICE TEA!?! Ma sei
cretino? Ma c’hai obeso anche il cervelletto?
GIULIANI: ”Ma… La
Coca…ci vuole la coca… lo volevo Ice Tea!”
Mario
mi lancia un’occhiata che ad interpretarla voleva simpaticamente comunicarmi
STAI ZITTO E BEVI!’
Mario
allunga il braccio verso il banco. Mario avvicina lentamente il bicchiere al
banco. Mario ha le mani scivolose. Mario fa cascare il bicchiere nel sottobanco
e distrugge una bellissima teiera in ceramica.
MARIO MENO
SICURO DI SE’:
”PORCO GIUDA SPINELLO! Perdonami…-pauza-…te lo rifaccio.
Mario
perde almeno 7 chili per la figura di livido subita.
I
baristi sconfitti e delusi ritornano ai propri compiti.
Mario
finisce il cocktail.
MARIO PER
NIENTE PIU’ SICURO DI SE’: ”Ecco il Cocktail. Scusa per prima…sai il
sudore…m’è scivolato…facciamo solo 3 Euro.”
Dopo
mezzora finalmente degusto il mio dissentante e atteso Long Island Ice Tea
fatto da Mario.
Faceva
Cagare!
Stasera
riproverò l’esperimento al bar del lido con un Americano.
Prosit.
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