domenica 21 agosto 2011

Long Island Ice Tea

Siamo ancora in calorifera estate nonostante il calendario tende nel farla volgere al termine ed una insolazione notturna m'ha rinvenuto decidendo di rimettere man forte a questo blog che, ricordiamolo. resta il blog meno letto del pianeta!!!
Pensavo di riavviare le pubblicazioni evidenziando una mia avventura terrestre capitata in una scorsa estate in quel di Francavilla al Mare, città che ormai mi ospita da qualche tempo a questa parte!
Il racconto è tratto dalla inutile e demenzialissima raccolta Federa... scaricabile in free download QUI



Oggi martedì 2 agosto 3464 è un giorno come tutti gli altri. C’è il sole, la luna da qualche altra parte ed il mio solito lieve mal di testa causato dagli ettolitri di luppolo fermentato che ho sorseggiato ieri sera.
Mi trovo in quel di Francavilla al Mare vicino Pescara nel chietino (si, lo so… disfunzioni localizzative da piano regolatore districato): una fogna di paese turistico, ideale per il relax ma non più abbastanza tranquillo da quando c’ha messo piede il sottoscritto. Pochi giorni ed ho già mandato in crisi professionale i baristi dei 3 (tre) bar che di solito frequento.
Sin dalla prima sera mi sono fatto riconoscere, causa capriccio alcolico: desideravo bere un freschissimo nonché celeberrimo e alcoooolicissimo Long Island Ice Tea.
Immaginate la scena.
Al Bar. Bancone.
GIULIANI: ”Ehm! Scusi!”
LA BARISTA: ”Dimmi!”
GIULIANI: ”Vorrei un Long Island Ice Tea.”
La Barista si blocca. In un primo instante penso che sia caduta in crisi mistica, un’estasi celestiale forse causata dai fumi del gas anidridico del fusto di birra. Mi giro alle mie spalle per ricerca visiva e non vedo nessuna Madonna o santo o affine. Quindi mi illudo del suo incanto pensando che sia stata colpita da mio fascino uraniano e in un istante immagino una gita con pranzo a sacco tra le sue bellissime alture in Quarta Coppa C. Ma l’illusione si infrange quando lei si riprende dalla paralisi traumatica.
Mi fissa e dice: ”C-COSAA!”
GIULIANI: ”U-un  Long Island Ice Tea.”
Lei suda. Il sudore la trasforma in oro. Ma il panico fa trasfigurare sul viso una sola immagine, quella di sua madre che le urla:
TE-LO-AVEVO-DETTO-DI-ANDARE-A-FARE-QUEL-CORSO-DA-BARISTA-CHE-PRIMA-O-POI-TE-LO-RITROVI-UN-ESSERE-IMMONDO-CON-PELI-NASCOSTI-CHE-ORDINERA’-UN-LONG-ISLAND-CON-LA-VARIANTE-ICE-TEA.
Le mamme hanno sempre ragione. Sparisce la mamma e il suo ghiaccio-sguardo ricade su di me.
LA BARISTA: ”S-Solo u-un a-attimo!”
S-si Gi-gir…Ehm…si gira di scatto e immediatamente mi accorgo di voler intraprendere un altro viaggio tra le Lande Desertiche e Valli Discoscese del suo perizoma.
InZomma.
Si gira di scatto e osservando dallo specchio nascosto da bottiglie di Gin da Penny Market noto la barista isterica che comunica nel linguaggio dei muti con Il Barista. Non conosco bene l’alfabeto muto ma tra i gesti ed il labiale mi è parso di capire qualcosina del tipo ‘VIENI!..STO CACCHIO DI STINCO CON LE BASETTE HA ORDINATO UNA COSA CHE NON C’HO CAPITO…UN RHODES ISLAND…STONE ISLAND…MA CHE E’ NA GIUBBA?...HA SBAGLIATO NEGOZIO?...VUOLE UN LONG ICH E CHICK…LUNG HAI O NON HAI TIC…CI VUOLE I CURACAO?...SALVAMI…AIUTAMI…HELP, I NEED SOMEBODY HELP (Lennon/McCartney)
Il Barista si avvicina. E con voce baritonale tipo comparsa da fiction del lunedì sera mi guarda, sorride e dice:
“Prego!”
GIULIANI: ”Un Long Island Ice Tea.”
IL BARISTA: ”EEEEEH!...-pausa-…Ma che è un cocktail?”
GIULIANI: ”No! E’ un depliant per scarpe da trekking! Certo che è un  cocktail! Ma se non sapete farl…insomma…prendo un’alt…”
Mi interrompe IL BARISTA: ”Un Momento solo!”
Incrocia il suo sguardo allucinato con quello della barista quasi in lacrime. I loro occhi fanno intendere che dopo questa estate si iscriveranno al a quel corso da Barman.
Panico.
Il silenzio cala dietro al bancone.
Si sente solo la voce stridente di una ragazzina vestita verde acido che urla a martello: ”MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA?...”
Bisognava intervenire.
Il barista chiama a rapporto tutti i dipendenti. Raduna anche i camerieri che servono i tavoli fuori dal Bar. Iniziano a confabulare tra di loro nella speranza che qualcuno conosce gli ingredienti dell’ormai famigerato Long Island Ice Tea.
A breve distanza stavo origliando e credetemi ne ho sentite di tutti i gusti e colori. Proposte di un misto tra Ribes e Caffè Borghetti con spruzzo di Montenegro; uno shaker di Stravecchio-Maraschino-Limoncello-Amaro Lucano; ricordi di un rito celtico in cui viene bruciato su una piastra una fettina di limone unta nello Scotch; ma il genio della situazione propose:”Digli che non possiamo farlo perché è finito il Mapo Mapo!”
Incredibile.
Eppure è facile fare il Long Island Ice Tea. Si riempie un bicchiere di ghiaccio. Si aggiunge succo di limone. Tequila. Gin. Rum. Vodka (liscia o al limone da equilibrare con il succo limonesco). Ed infine riempire e mescolare con della inutile Coca-cola.
Nel vedere quella cornucopia di baristi sull’orlo del prepensionamento in giovane età mi visiona in mente MacGyver come Barman che con dell’amuchina, un limone e della polvere da sparo avrebbe tirato su un GIN TONIC.
Ad un certo punto il barista si blocca. Ordina silenzio e decide di tirare fuori l’arma segreta.
IL BARISTA: ”Portatemi MARIO.”
Una luce di speranza accende l’animo dei dipendenti che come di incanto. Si disperdono nella piazza come faine in cerca di preda bloccando tutte le ordinazioni. Stava lavorando solo La barista che serviva la Coca-cola alla ragazzina verde acido. Ma la sua mano è ancora tremolante per via del trauma.
Quindici…15…e dico Quattordici + uno…minuti dopo arriva MARIO.
Mario è il barista del Bar affianco: 2 (due,nda) quintali di materiale carnoso sorretto da due gambe brevettate NASA per sostenerlo. E’ così grasso che sulla taglia della maglia porta il PIGRECO.
Passa dall’altra parte del bancone.
MARIO SICURO DI SE’: ”Prego!”
GIULIANI: ”Un Long Island Ice Tea!”
MARIO SICURO DI SE’: ”Subito!”
Tutti i baristi mi fissarono con orgoglio di vittoria e fecero la ola nel cesso.
Mario conosce ogni procedimento di quel cocktail misterioso. Alcuni prendono appunti su un taccuino, altri su un rotolo di carta igienica, altri su una cialda per gelato da 5 euro. Alcuni riprendono la sequenza con videocamere digitali connesse via Blu Tooth con la CIA.
Mario conosce il suo mestiere. Bicchiere. Ghiaccio. Spreme un limone e ne versa il succo nel bicchiere. Gin. Rum. Tequila. Vodka. Ed infine, come una qualsiasi Long Island Ice Tea che si rispetti riempie il resto con…L’ICE TEA!?! Ma sei cretino? Ma c’hai obeso anche il cervelletto?
GIULIANI: ”Ma… La Coca…ci vuole la coca… lo volevo Ice Tea!”
Mario mi lancia un’occhiata che ad interpretarla voleva simpaticamente comunicarmi STAI ZITTO E BEVI!’
Mario allunga il braccio verso il banco. Mario avvicina lentamente il bicchiere al banco. Mario ha le mani scivolose. Mario fa cascare il bicchiere nel sottobanco e distrugge una bellissima teiera in ceramica.
MARIO MENO SICURO DI SE’: ”PORCO GIUDA SPINELLO! Perdonami…-pauza-…te lo rifaccio.
Mario perde almeno 7 chili per la figura di livido subita.
I baristi sconfitti e delusi ritornano ai propri compiti.
Mario finisce il cocktail.
MARIO PER NIENTE PIU’ SICURO DI SE’: ”Ecco il Cocktail. Scusa per prima…sai il sudore…m’è scivolato…facciamo solo 3 Euro.”
Dopo mezzora finalmente degusto il mio dissentante e atteso Long Island Ice Tea fatto da Mario.
Faceva Cagare!
Stasera riproverò l’esperimento al bar del lido con un Americano.

Prosit.

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