Scovando nelle parti nascoste dei miei backup ritrovo articoli, racconti, recensioni...
Dopo molto tempo riprendo posizione loggandomi nel blog per riproporre uno scritto pubblicato altrove, anni fa, per poi essere incluso nella stupidissima, iperdemenziale e sintatticamente scorretta raccolta di racconti Federa... scaricabile in free download QUI
E Se Charles Manson Fosse Diventato Una Popstar?!?
I dubbi su una futura esistenza socialmente
turbolenta di uno dei maggiori mandanti di omicidi efferati nella storia
killerosa statunitense [U.S.A. (leggi iu ess ei) per i patriottici filantropi]
sorgono immediatamente dopo il sudato parto di Katleen Maddox in quel di
Cincinnati il 12 novembre del 1934. Si racconta che la sfortunata infermiera
assistente di parto di turno, in raccolta post espulsione fetale, guardò la
sanguinolenta grondante placenta appiccicosa sul viso del neonato, spaventò e
urlò “Cristo Santo”… in quel preciso istante la vita di Charles Manson ebbe il primo picco iperbolico di autostima che
immediatamente delineò il suo futuribile percorso esistenziale!
Dopo un’infanzia e adolescenza che ben rispetti canoni
e standard americani del listino “traumi del passato scatenanti” di un
criminale psicopatico, Charlie (lo chiameremo così per enfatizzare una tonalità
di simpatia nei confronti dei lettori della terza età, n.d.a.) si ritrova scaraventato nel ’67 in quella Summer Of Love dove la parola acido
veniva usata durante attività e usi succedanei allo scrostamento dei sanitari.
Fu quella estate che Charlie si identificò nello status di Hippy e
compositore/cantautore-itinerante-con-annessa-chitarra-a-tracolla-stile-vagabond.
Fu quella estate che Charlie, con le sinapsi che giocavano a Pelota per via
delle zuppette lisergiche, cominciò a predicare le sue mistiche “Rivelazioni”
con lo stesso carisma del Dalai Lama mentre perde a burraco con una capra
smunta tibetana in abbigliamento prenatal. Fu quella estate che Charlie divenne
il più grande fan dei Beatles, posizione
successivamente sormontata da tale Mark
Chapman.
La discografia Mansoniana vanta di “canzonette”
melodicamente valide ed i testi non sono da meno… ovviamente stiamo parlando di
uno psicopatico che ordinò di squarciare vecchiette e donne incinte qua e là
giusto perché erano vittime sacrificali per pulizia sociale dei bene abietti (Piggies) al fine di salvaguardare i suoi
adepti (Famiglia) in vista
dell’imminente Apocalisse (la sua visione dell’Helter Skelter, brano beatlesiano) a lui illuminata manco fosse San
Giovanni Evangelista dal White Album
dei Beatles (che per sua
interpretazione erano i quattro cavalieri dell’Apocalisse e quattro elementi
base ai quali si aggiunge Charlie che ne è il quinto et unificatore
universale).
Ma scrisse anche canzoni d’amore. Paradossalmente,
in un certo senso, sono tutte canzoni d’amore!
Il suo modo di cantare tra menestrello
Dylaniano/Buckley-Tim/Blossom-Dearie-mascolino, le sue composizioni miste soul,
pop, blues, jazzato tabagista, folk erano idonee al contesto lisergico di un
periodo dove il peace & love d’America era la tavola da surf sulla quale la
generazione di fine sixties cavalcava l’onda dell’anti-war demonstration a
colpi di chitarre e orde comunitarie, un unico e complesso organismo strafatto
di erba e di qualsiasi elemento chimico che si potesse trovare in giro, dove le
droghe stesse erano armi psicotrope e portali di trasmigrazione per una
dimensione ideale dove la gioventù lisergica viveva e voleva vivere. Ma come
ben sappiamo… Charlie non fa surf!
Manson non si identificava in quella generazione
pur facendone parte. Lui era esterno, al di sopra di essa, era il Cristo/Satana
la cui missione era quella di purificare il mondo, il suo mondo triste nel
quale esprimere la voglia di vivere e di amare resta un fatto individuale,
concetto per il quale potresti essere preso per pazzo [Everyone says crazy fool / You're always gazing at
the night / With my arms around the tree
/ Loving life with all my might – My World]. Alzi la mano chi crede che
Charles Manson sia pazzo.
La stoffa dell’artista c’era, il carisma da
frontman c’era, l’eccentricità del cantautore c’era… insomma se Charles Manson
fosse diventato una Popstar cosa mai sarebbe successo in quel ramo genealogico
della musica dei fine sixties and over and over?!?
La grande possibilità per sfondare nel mondo del
muzik biz l’ha avuta quando conobbe Dennis Wilson, il più figo e “normale” dei
fratelli Wilson che dalle onde della California meridionale vennero presentati
al pianeta Terra come i Beach Boys.
Dennis lo porta al cospetto del fratello maggiore
Brian, quest’ultimo in pieno sfasamento da esaurimento nervoso accompagnato da
letargia compulsiva curata con acido dietilamide
benzo mariuana… sia chiaro: il medico di famiglia si astiene riguardo il
commentare le prescrizioni dei summenzionati composti. Sottoiscrizione per la
stessa da parte dell’erborista omeopatico di fiducia.
DENNIS:
“Ciao Brian, scusa se ti ho svegliato… volevo presentarti un mio amico. Charlie
questo è mio fratello Brian. Brian… Charlie!”
CHARLIE:
“Peace! Mi fai un filtro?”
BRIAN:
“Dov’è la boccetta con l’acetone? Non sento l’odore di sabbia!”
DENNIS:
“Charlie è un musicista! Un cantautore! Vorrei farti sentire qualcosa che ha
scritto! Si potrebbe produrre!”
BRIAN: “Wouldn't it be nice?!?”
DENNIS: “Avanti Charlie! Suona Look At Your Game, Girl! “
Charles Manson prende la sua chitarra, fa preparare
un mariuanosa paglietta dalla sua adepta preferita Sadie e suona, anzichenò, Cease To Exist.
BRIAN: “Oh! La conosco! L’ho scritta
io!”
CHARLIE: “No! La sto suonando ora per
la prima volta in assoluto… non la senti?”
BRIAN: “Solo da un orecchio!”
…
BRIAN: “Dennis riunisci i ragazzi
voglio farvi sentire questa nuova canzone che canterai tu… si chiama Never Learn To Love! Ops! Che sbadato…
ma certo che la conosci, Dennis: l’hai scritta tu!”
CHARLIE: “Ehm! No… è mia e hai appena
cambiato il titolo!”
BRIAN: “Oh! Ciao! Io sono Brian! Sei un
amico di Mike Love?”
DENNIS: “No! È’ Charlie! Il musicista
che volevo farti ascoltare… ha delle canzoni da Dio!”
CHARLIE: “Puoi chiamarmi anche Satana
se vuoi!
Non so se le cose andarono in questo modo… sta di
“fatto” che Charlie e la sua Famiglia incisero parecchio materiale grazie ai
fratelli Wilson ma purtroppo l’Helter Skelter era imminente e Manson doveva
salvare gli eletti dall’apocalisse rifugiandosi in una grotta antiarmageddon
nel deserto della California.
Brian in un attimo di lucidità salva il fratello
Dennis, già membro della Manson Family, dalle grinfie del carisma incantatorio
di Charlie.
Non se ne fa nulla.
Charlie porta via con se il suo materiale
discografico registrato nelle sale dei Beach Boys, insieme ad altri tape
bootleg amatorialissimi do it yourself. Li farà ascoltare ad altri discografici
che per una serie di conseguenze, e anche qualche sospetta minaccia da parte
dei componenti della Famiglia, decidono di non firmare nessun contratto
discografico con La Comune Manson.
Charlie, preso da spasmi di tristezza e
incomprensione socio-esistenziale, trasforma il suo ranch di pace e amore in un
campo di concentramento senza via di fuga e sotto indicazioni illuminate dal
suo carisma sfoga la sua mancata fama da Popstar giocando al piccolo
squartatore commissionando gli omicidi su a Cielo Drive, Bel Air.
Se Charlie Manson fosse divenuto una Popstar si
sarebbero realizzati i suoi sogni meno visionari: avrebbe spezzato l’acido con
Ringo, avrebbe ucciso per la seconda volta Paul McCartney, magari inciso il
White Album Again con le songs firmate Lennon/Manson/McCartney. E chi lo sa…
magari John non avrebbe mai incontrato Yoko Ono!
Se Charlie Manson fosse divenuto una Popstar non
avrebbe mai commissionato quegli omicidi tra cui le crudeli morti di Sharon
Tate Polanski e amici.
Se Charlie Manson fosse divenuto una Popstar
avrebbe suonato a Woodstock e rubato le anfe blu nei camerini degli Who.
Se Charlie Manson fosse divenuto una Popstar forse
non sarebbe famoso come lo è ora… una provocazione per i serial killer; una
ispirazione per i nichilisti, quelli nel senso più stronzo della parola; una
mente turbata dal dualismo Bene/Male: l’uno al cospetto dell’altro come uno
stupro consensuale dello Yin sottomesso allo Yang.
Charlie Manson non sarebbe mai divenuto una Popstar, era consapevole di
questo. La conoscenza del suo IO lo conflittuava in uno stato di esistenziale
paranoia, dove “la paranoia non è altro
che una forma di consapevolezza; la consapevolezza non è altro che una forma
d'amore.” [cit. C.M]
Indie Selection at Artefacendo Labs
San Marco in Lamis (IT) 14/11/2015
Johnny: ”Io non vedo niente, ci lascio la pelle!” Bodhi: “Devi sentire l’onda, assecondare la sua energia, sincronizzarti… e poi lasciarti andare. Non hai bisogno di vedere”. Johnny: “Si è vero, la vista è un senso sopravvalutato.” Bodhi: “OK, Johnny, su questa c’é il tuo nome. Andiamo!”
Da circa un anno gira su You Tube il nuovo singolo di Dashboard On My Phone titolato Gutter For Storms Scattered: viaggio visionario tra meandri cerebrali e tempeste sinaptiche accedendo ad essi attraverso l'antro dei vasi lacrimali.
Da pochi giorni lo si può trovare in free download sulla pagina ufficiale Soundcloud ed è possibile scaricarlo/ascoltarlo aggratis cliccando sul fatidico QUI per accedere al link.
Intanto lascio il video... also available in HD
Dashboard On My Phone è il mio inutile progettino Electro/Casio Pop-da-tempo-perso che sta volgendo ormai al termine, dopo 2 Demo e un CD in preparazione, per dedicarmi a nuove collaborazioni e nuovi spasmi creativi.
Siamo ancora in calorifera estate nonostante il calendario tende nel farla volgere al termine ed una insolazione notturna m'ha rinvenuto decidendo di rimettere man forte a questo blog che, ricordiamolo. resta il blog meno letto del pianeta!!! Pensavo di riavviare le pubblicazioni evidenziando una mia avventura terrestre capitata in una scorsa estate in quel di Francavilla al Mare, città che ormai mi ospita da qualche tempo a questa parte! Il racconto è tratto dalla inutile e demenzialissima raccolta Federa... scaricabile in free download QUI
Oggi
martedì 2 agosto 3464 è un giorno come tutti gli altri. C’è il sole, la luna da
qualche altra parte ed il mio solito lieve mal di testa causato dagli ettolitri
di luppolo fermentato che ho sorseggiato ieri sera.
Mi
trovo in quel di Francavilla al Mare vicino Pescara nel chietino (si, lo so…
disfunzioni localizzative da piano regolatore districato): una fogna di paese
turistico, ideale per il relax ma non più abbastanza tranquillo da quando c’ha
messo piede il sottoscritto. Pochi giorni ed ho già mandato in crisi
professionale i baristi dei 3 (tre) bar che di solito frequento.
Sin
dalla prima sera mi sono fatto riconoscere, causa capriccio alcolico:
desideravo bere un freschissimo nonché celeberrimo e alcoooolicissimo Long
Island Ice Tea.
Immaginate
la scena.
Al
Bar. Bancone.
GIULIANI: ”Ehm!
Scusi!”
LA BARISTA: ”Dimmi!”
GIULIANI: ”Vorrei un
Long Island Ice Tea.”
La
Barista si blocca. In un primo instante penso che sia caduta in crisi mistica,
un’estasi celestiale forse causata dai fumi del gas anidridico del fusto di
birra. Mi giro alle mie spalle per ricerca visiva e non vedo nessuna Madonna o
santo o affine. Quindi mi illudo del suo incanto pensando che sia stata colpita
da mio fascino uraniano e in un istante immagino una gita con pranzo a sacco
tra le sue bellissime alture in Quarta Coppa C. Ma l’illusione si infrange
quando lei si riprende dalla paralisi traumatica.
Mi
fissa e dice: ”C-COSAA!”
GIULIANI: ”U-un Long Island Ice Tea.”
Lei
suda. Il sudore la trasforma in oro. Ma il panico fa trasfigurare sul viso una
sola immagine, quella di sua madre che le urla:
Le
mamme hanno sempre ragione. Sparisce la mamma e il suo ghiaccio-sguardo ricade
su di me.
LA BARISTA: ”S-Solo
u-un a-attimo!”
S-si
Gi-gir…Ehm…si gira di scatto e immediatamente mi accorgo di voler intraprendere
un altro viaggio tra le Lande Desertiche e Valli Discoscese del suo perizoma.
InZomma.
Si
gira di scatto e osservando dallo specchio nascosto da bottiglie di Gin da
Penny Market noto la barista isterica che comunica nel linguaggio dei muti con
Il Barista. Non conosco bene l’alfabeto muto ma tra i gesti ed il labiale mi è
parso di capire qualcosina del tipo ‘VIENI!..STO CACCHIO DI STINCO CON LE
BASETTE HA ORDINATO UNA COSA CHE NON C’HO CAPITO…UN RHODES ISLAND…STONE
ISLAND…MA CHE E’ NA GIUBBA?...HA SBAGLIATO NEGOZIO?...VUOLE UN LONG ICH E
CHICK…LUNG HAI O NON HAI TIC…CI VUOLE I CURACAO?...SALVAMI…AIUTAMI…HELP, I NEED
SOMEBODY HELP (Lennon/McCartney)
Il
Barista si avvicina. E con voce baritonale tipo comparsa da fiction del lunedì
sera mi guarda, sorride e dice:
“Prego!”
GIULIANI: ”Un Long
Island Ice Tea.”
IL BARISTA: ”EEEEEH!...-pausa-…Ma
che è un cocktail?”
GIULIANI: ”No! E’ un
depliant per scarpe da trekking! Certo che è un
cocktail! Ma se non sapete farl…insomma…prendo un’alt…”
Mi
interrompe IL BARISTA: ”Un Momento
solo!”
Incrocia
il suo sguardo allucinato con quello della barista quasi in lacrime. I loro
occhi fanno intendere che dopo questa estate si iscriveranno al a quel corso da
Barman.
Panico.
Il
silenzio cala dietro al bancone.
Si
sente solo la voce stridente di una ragazzina vestita verde acido che urla a
martello: ”MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA?
MI DAI UNA COCA? MI DAI UNA COCA?...”
Bisognava
intervenire.
Il
barista chiama a rapporto tutti i dipendenti. Raduna anche i camerieri che
servono i tavoli fuori dal Bar. Iniziano a confabulare tra di loro nella speranza
che qualcuno conosce gli ingredienti dell’ormai famigerato Long Island Ice Tea.
A
breve distanza stavo origliando e credetemi ne ho sentite di tutti i gusti e colori.
Proposte di un misto tra Ribes e Caffè Borghetti con spruzzo di Montenegro; uno
shaker di Stravecchio-Maraschino-Limoncello-Amaro Lucano; ricordi di un rito
celtico in cui viene bruciato su una piastra una fettina di limone unta nello
Scotch; ma il genio della situazione propose:”Digli che non possiamo farlo
perché è finito il Mapo Mapo!”
Incredibile.
Eppure
è facile fare il Long Island Ice Tea. Si riempie un bicchiere di ghiaccio. Si
aggiunge succo di limone. Tequila. Gin. Rum. Vodka (liscia o al limone da
equilibrare con il succo limonesco). Ed infine riempire e mescolare con della
inutile Coca-cola.
Nel
vedere quella cornucopia di baristi sull’orlo del prepensionamento in giovane
età mi visiona in mente MacGyver come Barman che con dell’amuchina, un limone e
della polvere da sparo avrebbe tirato su un GIN TONIC.
Ad
un certo punto il barista si blocca. Ordina silenzio e decide di tirare fuori
l’arma segreta.
IL BARISTA: ”Portatemi
MARIO.”
Una
luce di speranza accende l’animo dei dipendenti che come di incanto. Si
disperdono nella piazza come faine in cerca di preda bloccando tutte le
ordinazioni. Stava lavorando solo La barista che serviva la Coca-cola alla
ragazzina verde acido. Ma la sua mano è ancora tremolante per via del trauma.
Quindici…15…e
dico Quattordici + uno…minuti dopo arriva MARIO.
Mario
è il barista del Bar affianco: 2 (due,nda) quintali di materiale carnoso
sorretto da due gambe brevettate NASA per sostenerlo. E’ così grasso che sulla
taglia della maglia porta il PIGRECO.
Passa
dall’altra parte del bancone.
MARIO SICURO
DI SE’:
”Prego!”
GIULIANI: ”Un Long
Island Ice Tea!”
MARIO SICURO
DI SE’:
”Subito!”
Tutti
i baristi mi fissarono con orgoglio di vittoria e fecero la ola nel cesso.
Mario
conosce ogni procedimento di quel cocktail misterioso. Alcuni prendono appunti
su un taccuino, altri su un rotolo di carta igienica, altri su una cialda per
gelato da 5 euro. Alcuni riprendono la sequenza con videocamere digitali
connesse via Blu Tooth con la CIA.
Mario
conosce il suo mestiere. Bicchiere. Ghiaccio. Spreme un limone e ne versa il
succo nel bicchiere. Gin. Rum. Tequila. Vodka. Ed infine, come una qualsiasi
Long Island Ice Tea che si rispetti riempie il resto con…L’ICE TEA!?! Ma sei
cretino? Ma c’hai obeso anche il cervelletto?
GIULIANI: ”Ma… La
Coca…ci vuole la coca… lo volevo Ice Tea!”
Mario
mi lancia un’occhiata che ad interpretarla voleva simpaticamente comunicarmi
STAI ZITTO E BEVI!’
Mario
allunga il braccio verso il banco. Mario avvicina lentamente il bicchiere al
banco. Mario ha le mani scivolose. Mario fa cascare il bicchiere nel sottobanco
e distrugge una bellissima teiera in ceramica.
MARIO MENO
SICURO DI SE’:
”PORCO GIUDA SPINELLO! Perdonami…-pauza-…te lo rifaccio.
Mario
perde almeno 7 chili per la figura di livido subita.
I
baristi sconfitti e delusi ritornano ai propri compiti.
Mario
finisce il cocktail.
MARIO PER
NIENTE PIU’ SICURO DI SE’: ”Ecco il Cocktail. Scusa per prima…sai il
sudore…m’è scivolato…facciamo solo 3 Euro.”
Dopo
mezzora finalmente degusto il mio dissentante e atteso Long Island Ice Tea
fatto da Mario.
Faceva
Cagare!
Stasera
riproverò l’esperimento al bar del lido con un Americano.
Come annunciato nel primo post di questo Blog Mi Sento Male era una trasmissione strademenziale ideata e condotta dal sottoscritto. Andò in onda, nella stagione 2005/2006, su radio Facoltà di Frequenza, la radio dell'Università di Siena, e fu l'ultima di una serie di mie trasmissioni prima di prendere le redini della mitica redazione musicale della stessa radio.
In alcune vecchie cartelle alla periferia del mio hard disk ho ritrovato la puntata del peggio di quella trasmissione intitolata Mi Sento Male Replay nella quale ci sono alcune chicchette e rubriche portanti: L'eptalogo della settimana che racconta sia le avventure di Cappuccetto Rosso che quelle dei Puffi; il talk show di Zia Rosina che incontra nel suo salotto La Torcia Umana e il Principe Azzurro; Buona Merenda, la rassegna stampa di MsM; qualche strana dedica fatta da insoliti personaggi; brani ritagliati e cuciti da stravolgerne il significato. Ahimè manca l'Oroscopo della settimana ma spero di riuscire a trovare qualche file e postarlo in un secondo momento!
Ed ora non resta che ascoltare la puntata:
Mi Sento Male Replay... Il Peggio di Mi Sento Male (Marzo 2006)
Ecco cosa guarderebbero forme di vita intelligenti al di fuori del nostro sistema solare con le onde TV giunte dal nostro pianeta... ma se sono più intelligenti di noi non avranno mai inventato la Tivvù!!!
Il titolo di questo post è rubato da quello di una fanzine che circa 20 anni fa svogliavo canticchiando "Il nostro è solo un mondo beat" (Ahu Ahu Ahu Ahu) degli Avvoltoi.
Ascolto musica sin da ragazzino e negli anni '80 ero curioso (come ora) nel ricercare novità musicali interessanti, spaziando tra tutti i generi, nonostante sia il PoP quello che prediligo sin dagli albori della mia esistenza...
Gli anni '60 sono stati bombardati nella mia testa sin da prima che nascessi per via della piccola ed ottima collezione di vinili di mio padre.. ma furono i primi anni '90, ad un passo dalla maggiore età, che la passione sfegatata per i Sixties ebbe la meglio!
Subito mi accorsi del fermento che c'era in Italia riguardo un revival rinnovato e innovativo degli anni '60 con band, fanzine, movimenti (Beat & Mods) che mi lasciarono frastornato in una felice atmosfera nella quale le basette presero il sopravvento.
Cominciai a comprare i dischi degli Sciacalli, The Hermits, ordini di split dalla Misty Lane di Maurizio Del Pozzo, per non parlare delle tape prese dalla Face Record di Tony Face Bacciocchi... Cassette registrate per la legge dello "scambio musicale" di Avvoltoi, Gravedigger V, Chesterfield Kings.. fino ad arrivare sempre più a monte e perdere i sensi con il garage punk delle raccolte Pebbles o Back From The Grave.. passando per i Sonics, Kingsmen.. il surf di matrice '50 eccetera eccetera.
Il Garage, Beat e Surf restano quelle frazioni dei Sixties che ho consumato di più affiancandole alle manie delle band inglesi che i sessanta ci hanno regalato e il buon caro Northern Soul.
L'uscita del bellissimo libro di Roberto Calabrò titolato Eighties Colour racconta attraverso le band italiane di quel periodo la rivoluzione underground di ragazzi di provincia che suonavano e compravano i dischi... un libro che non ha stimolato l'inabissarmi nella nostalgia del passato ma rinnovarla ancora e farmi sentire, nel mio piccolo, uno di quelli che possono dire con orgoglio: Io C'ero!
Non so se il fenomeno delle Posse e l'avvento del grunge, che cmq ho seguito, siano stati in fondo il male per attutire l'underground italiano di quei tempi.. se quest'ultimo fosse esploso con caratteri di massa, beh.. come tutti i generi commerciali sarebbe morto... invece con quelle band e con quei dischi non avrà mai fine e tutt'oggi le nuove produzioni musicali di genere lo confermano!!!
Termino questo post linkando una playlist creata su You Tube (per facilità di accesso) dove ho raccolto alcune (pochissime a dire il vero, eheh) band che hanno allietato i miei ascolti da 20 anni (anzi, credo di più!!) a questa parte.. un'estratto che parte dai '60 fino ad arrivare ad oggi passando per il revival degli '80 sia italiano che internazionale... ho cercato di rispettare un ordine cronologico per decadi ma ho preferito chiudere con i Not Moving che si differenziano un po' dal garage vero e proprio... ma resteranno la più grande Punk Band italiana di tutti i tempi...
Qualsiasi fan di Star Wars possiede una Lightsaber, meglio conosciuta con il nome italianizzato di Spada Laser... Qualsiasi fan di Star Wars ha sognato di combattere contro i Sith oppure, perchè no, passare al Lato Oscuro ed infilzare un esponente della Resistenza... Qualsiasi fan di Star Wars vorrebbe assistere dal vivo ad uno scontro a colpi di lightsaber tra gli imparentati Skywalker...
Beh finchè si può qualsiasi fan di Star Wars si contenta di riuscirci nel migliore dei modi possibili...
Qui riporto 2 video a riguardo: il primo riguarda uno spot televisivo scritto e diretto da Adam Green dove due Top Girl se le danno di santa ragione in un bar... il secondo è forse uno degli scontri tra "jedi" migliori realizzati dai fan di Star Wars creata dal team The Force.Net's Fan Films per una serie di combattimenti titolati Ryan Vs Dorkman
Le affascinanti avventure di Star Trek TOS sono state rivoluzionare nell'immaginifico fantascientifico... ma mai avrei pensato che il dietro le quinte sarebbe ancora più affascinante, come se Spock e il Capitano Kirk e l'equipaggio tutto dell'Enterprise vivessero la propria quotidianità come se fossero nel telefilm stesso.
Ho trovato su Flickr una serie di raccolta foto che immortalano scene di Making Of e Ciak della Serie Originale... beh per dirla come Mr Spock: fascinating!!!
L'intera raccolta è possibile vederla andando su Flickr all'album di
Il cinema Horror ci ha deliziato negli anni con i personaggi e le morti più cruente e/o spaventose, spesso splatterose, a volte catastrofiche, a trabocchetto, alcune rapide altre premeditate nel tempo con ardua sete di vendetta!!!
Ma mai nessuno ha avuto l'audacia e coraggio di girare un film sulla più insopportabile e dolorosa morte: percosso negli anni con un cucchiaio da un nemico immaginario!
Richard Gale lo ha fatto, regista e narratore, nel suo cortometraggio The Horribly Slow Murderer with the Extremely Inefficient Weapon.
Nel mondo dei supereroi predomina un trittico figurativo rappresentato nelle singole storie dal Supereroe, il Cattivone Antagonista e la donna che uno dei due, o tutti e due, viene amata ala follia e che spesso gli tocca morire per reclamare odio e vendetta.. ma non entriamo nei particolari (Goblin ti odio!!!).
Questo trittico è protagonista del breve tragicomico musical in tre atti Dr. Horrible's Sing Along Blog.
Nel webmovie viene raccontata la storia del CattivoneDr. Horrible, interpretato magicamente dal bravissimo Neil Patrick Harris (il Barney Stinson di How I Met Your Mother), che narra le sue vicende e bramosie nel suo video Blog... Un po' sfigato sia con il suo costume e anche come proprio alter ego si innamora della nerdy Penny (Felicia Day), la compagna di lavanderia, che ovviamente verrà conquistata dal Supereroe e Antagonista un po' spaccone Captain Hammer (Nathan Fillion). Dr. Horrible preparerà la sua vendetta.
Scritto e diretto per il web da Joss Whedon (Dollhose, Buffy ecc) con la man forte e collaborazione dei fratelli Zack e Jed fu messo on-line nell'estate del 2008 ed ora anche disponibile in dvd con sottotitoli in italiano, come viene proposto in questo post. Tra i personaggi fa breve comparsa Simon Helberg a.k.a. Wolowitz in The Big Bang Theory.
Avevo appena compiuto 5 anni e di certo non ho memoria del clamore dei fans e della stampa per l'uscita del dodicesimo album studio dei Pink Floyd, ma ho ricordo impresso dei pomeriggi domenicali quando nel corso di Discoring passavano il video di Another Brick In The Wall Pt.2, le cui atmosfere dittatoriali e le animazioni di Gerald Scarfe mi hanno procurato non pochi incubi. Non molti anni dopo ascoltai finalmente l'intero album The Wall e capii che avrei dovuto aspettare ancora qualche anno per capirne la sua geniale incomprensibilità. Un album concettuale che si completa con l'esibizione teatrale del live e il film uscito nell'82. Molti lo considerano l'ultimo capolavoro della band, altri l'assoluto e migliore album e altri addirittura il primo rantolo della fine dei Pink Floyd. Beh! E' noto che i Pink Floyd dopo The Wall non hanno subito una lenta fase di decadenza ma bensì un capitombolo con il successivo The Final Cut; già con The Wall stesso si era già superato il giro di boa della loro geniale creatività trasformatasi e modulatasi dopo la dipartita di Barrett... Ma The Wall è un mattone caposaldo della storia del Rock, io stesso non posso che adorarlo pur essendo più Moonniano/Pompeiano... personalmente sono più legato alla versione cinematografica, dove la storia autobiografica di Waters si intreccia con citazioni di vita vissuta del buon Syd e lascia il finale con libera interpretazione ad personam. Ciò che rende quest'album uno dei capitoli della mia colonna sonora esistenziale è l'impostazione concettuale dei testi, il disagio esistenziale descritto, la semplicità individuale di chiusura in se stessi e come, a volte, si scopre che sfondando il muro si ha la sensazione che, forse, si stava decisamente meglio al di dentro! Musicalmente è un opera da studio eccellente... ma, se fossimo nel '79, The Wall suonerebbe come "un pò datato", giusto per citare Syd Barrett. Non sto dicendo eresie, voglio solo dire che erano all'apice della nuova veste evolutiva, a mio parere suona più innovativo Animals e album come il Dark Side potrebbero benissimo essere stati incisi meno di 10 anni fa! La psichedelia viene sostituita con suoni più heavy (In The Flesh?), le armonie si lasciano sostituire dalle melodie lisce e melanconiche (The Thin Ice, Mother, Nobody Home), l'influenza musicale settantona fa il suo capolino in alcuni riff chitarristici (Another Brick in the Wall pt.2, Run Like Hell, Young Lust), non mancano i suoni puliti ed impostati per un ascolto di massa (Confortably Numb). Personalmente considero apice creativo dell'album il disarmonico cantato e sgolato di Don't Leave Me Now e l'operetta di The Trial. Nonostante tutto ciò resta un opera eccellente e un risultato degno di memoria storica... ma bisogna anche dire che i Pink Floyd, proprio grazie a The Wall, sfondano il muro dell'universo nazional-popolare triplicando gli scalini delle classifiche. Meno male che è successo all'apice. The Wall non è il miglior album dei Pink Floyd, forse oltre ad essere una pietra miliare della loro discografia segna anche la pietra mortuaria della loro creatività: dopo quest'album finisce la storia di una band innovativa pronta a chiudere la propria avventura aggiungendo l'ultimo valido mattone nel muro della loro genialità... tutto il resto, compresa la reunion del Live Aid, è avvenuta al di là del muro!!!
Quando si è ragazzini, soprattutto se si ha avuto un'infanzia dove l'inesistenza di internet ci costringeva ad assorbire informazioni dalle fantasiose combinazioni di programmi dei palinsesti delle TV private, erano 2 i soli desideri che volevamo fossero realizzati: possedere dei Robots e mangiare il maggior numero possibile di merendine!!! Ovviamente c'era anche il Postalmarket... ma ne riparleremo in un'altro post!
Farsi comprare un Robot giocattolo poteva anche minimamente soddisfare la repressione Pre-pubico/Cybernetica degna di un qualsiasi infante che tutt'ora non ha mai ancora capito come facesse Venusia a lanciare le tette come missili (cosa che turbò il sottoscritto la prima volta che vide un paio di tette vere!!!)... ma ovviamente per noi ragazzini di famiglia a reddito medio a cavallo dei '70 e '80 il lusso di possedere una copia originale di Gundam ad altezza di 30 cm era fuori portata per via dei costi eccessivi (.. a proposito: ne approfitto per salutare il ragazzino che l'altro ieri, con la strategia dell'età minore, mi ha fregato il modellino miniaturizzato di Mazinga Z al supermercato facendoselo comprare al prezzo speciale di 2,50 euro: spero sia di importazione e provenga da una nazione nella quale è già mutato il virus H1N1)!
Insomma dovevamo contentarci di un robottino squadrato che emetteva rumori assordanti che più che un lancio di raggi laser sembrava la marmitta crepata del 127 di mio padre! Il tutto contornato dalle Crostatine e/o Tegolini e/o Ciambelline eccetera...
Ormai sul 2012 se ne sono dette di tutti i colori, dall'invasione aliena alle onde quantiche passando per l'inversione del campo magnetico terrestre per finire al tocco di boccia da biliardo della Terra colpita da un meteorite e spazzata via dal sistema solare. L'uscita del film ha di certo ridicolizzato l'evento basandosi esclusivamente sugli effetti speciali e incolpando i Maya come il primo grande governo ombra della storia umana.
Ovviamente nessuno di noi può mai sapere cosa succederà nel trittico data/numerico 21/12/12, tra l'altro pessima combinazione impossibile anche per giocarci un terno al lotto... a meno che un'esperimento governativo faccia collassare in un black out mnemonico l'intera popolazione terrestre e ci faccia avere un Flash Forward nei minuti in cui abbiamo perso i sensi, ehehe...
Io di certo inizierò a giocare a tennis!!!
Scettici o Credenti? David McCandless, scrittore e autore, ha messo in relazione i dubbiosi con i sostenitori analizzando passo dopo passo le "preveggenze" storiche, antropologiche e scientifiche nel suo sito chiamando semplicemente l'articolo 2012: End Of The World? Mah!!!
Per chi non ne sa ancora nulla e vuole schierarsi tra gli scettici o i credenti il sito per leggere l'articolo, e altre interessantissime proposte, è:
Applicazioni Sociologiche di Modelli Matematici e Fisica Teorica in Situtazioni Comportamentali nelle Fasi di Corteggiamento
E' possibile scaricare il post in formato PDF con tabella di calcolo Xls in file .zip cliccandoQUI
1. Introduzione
La difficoltà nell’affrontare i rapporti sociali nasce dall’individuale status di insicurezza da cui ne consegue un forte senso di solitudine ed inferiorità, a meno che non si è miliardari, arrabbiati, indossatori di un vestito scuro in plutonio e ci si chiami Bruce Wayne… ma questo è un altro discorso!
Schopenhauer diceva: “Ciò che rende gli uomini socievoli è la loro incapacità di sopportare la solitudine e, in questa, se stessi”, beh! se il buon Arthur avesse avuto Twitter aggiornerebbe il suo status con tristezze e malinconie in una frequenza temporale così ridotta da rendere gli intasamenti dei post di Will Wheaton una lavagnetta per asilo nido!!!
Eh già… i social network e i lontani orizzonti del 2.0 hanno incrinato del tutto la capacità di approccio nei rapporti sociali: ognuno decide di essere se stesso o un alter ego di se stesso per sconfiggere spesso il grande nemico che è la solitudine… ma in tutto ciò Bruce Wayne di certo non creerebbe mai una fan page di Facebook su Robin… ma questo è un altro discorso!
Ma non è solo colpa di internet… non mi dilungherò sull’argomento, ma i nuovi format mediatici generalisti, tra tronisti e voyerismi, hanno contribuito nel distorcere individualmente lo schema di movimento della propria posizione sociologica.
Ma se i rapporti sociali si stanno incrinando verso un dinamismo ciclico proto-virtuale e imitativo di conseguenza succederà che il corteggiamento amoroso seguirà un algoritmo preconfezionato dove il percorso lineare per conquistare una ragazza/o sarà meno che proporzionale alle reali capacità di scelta,
ad Esempio:
vado in quel locale perché è figo e ci sono le ragazze/i fighe/i
secondo le condizioni predette per frequentare il suddetto locale c’è bisogno di rituali di interesse antropologico quali vestirsi e presentarsi secondo gli schemi standard per partecipare a quella realtà sociale e seguire determinate strategie di approccio finalizzate magari ad una conquista amoroso-sessuale, tipo imitare l’estetica da tronista e/o affidarsi alle apparenze facilitate dal caro denaro… o basterebbe essere semplicemente fighi di natura!
Quindi mi chiedo: uno sfigato come me potrebbe avere successo di approccio sociale in una situazione del genere? Quali schemi bisogna seguire per conquistare una/un ragazza/o? Quale algoritmo ideale può permettermi di avere una relazione?
L’amore come condizione sociale è una scienza…ehm pardon… una realtà moderna: fino alle prime decadi del secolo scorso ci si sposava soprattutto per combinazioni familiari, cosa che succede ancora in molte culture. I matrimoni combinati erano lo schema sociale sul quale si basava la creazione di una relazione di coppia. Attualmente (prima che i social network e Maria de Filippi ci lobotomizzino!) in qualsiasi realtà sociale si può seguire un percorso di corteggiamento basato sulle applicazioni sociologiche di alcuni principi di fisica teorica dove i movimenti e le strategie dipenderanno dalla capacità di valutazione e movimento dell’osservatore che sarà in un primo stadio il corteggiatore e in un secondo tempo anche il corteggiato…
Tali applicazioni matematiche e fisiche servono solo per spiegare e correggere il proprio approccio sociale, magari eliminando l’insicurezza. L’algoritmo seguirà un percorso lineare tipico di una normale e comune situazione comportamentale nella ricerca dell’altra metà… quindi se seguite gli schemi della De Filippi e pensate di saper corteggiare solo davanti ad un pc queste situazioni non fanno per voi, anche perché, purtroppo, queste applicazioni seguono lo schema classico del corteggiamento escludendo le apparenze e basandosi sulle proprie capacità infrarelazionali… dico purtroppo perché se si è fighi e/o famosi e/o lo si fa credere è tutto molto più semplice!
2. Algoritmo
Un qualsiasi approccio nei confronti di una persona interessata (o interessante) ha i suoi sviluppi temporali in rapporto al fine e alla tipologia dell’obiettivo per cui si vuol corteggiare. Tali approcci possono essere estesi nel breve periodo, come ad esempio al fine di ottenere un rapporto sessuale senza vincoli successivi; oppure si intraprende una carriera periodale molto più estesa per un corteggiamento formale, come ad esempio riuscire ad intraprendere una storia con una ragazza per la quali si ha una cotta pazzesca; oppure nel lungo periodo ci si incammina in un iter di corteggiamento con obiettivo il fidanzamento e via di seguito.
In ogni caso si parte da una posizione di partenza o arbitraria dalla quale ci si muove secondo i classici schemi di ricerca, corteggiamento, raggiungimento del fine.
Figura 2.1 – Algoritmo del Corteggiamento
Nella Figura 1 viene introdotto l’oggetto di studio in questione: l’Algoritmo del Corteggiamento.
In esso si possono distinguere ben 3 fasi che andremo ad analizzare nei dettagli:
Fase 1: Valutazione Territoriale e Ricerca di Compatibilità – condizione iniziale per la quale si parte per ricercare il soggetto interessato. Ovviamente tale ricerca può essere spontanea, volontaria o del tutto casuale. E’ una fase valutata sul piano territoriale o situazionale.
Fase 2: Corteggiamento e Capacità Relazionali – nonostante gli schemi lineari seguiti nell’algoritmo unico vero successo per superare questa fase è del tutto individuale e dipende esclusivamente dalle proprie capacità comunicative e relazionali.
Fase 3: Instaurazione della Relazione o Rifiuto – anche questa fase dipende dalle proprie strategie di corteggiamento grazie alle quali si otterrà un successo o il rifiuto da parte soggetto corteggiato
3. Fase 1: Valutazione Territoriale e Ricerca di Compatibilità
La prima fase del percorso algoritmico di corteggiamento prevede l’orientamento di ricerca del Soggetto da corteggiare (osservato, particella mobile nel sistema di riferimento) da parte dell’Osservatore (corteggiatore e soggetto principale di azione) in un Sistema noto.
Si parte da una posizione iniziale, o posizione arbitraria: un riferimento (0,0,0,0) in un sistema cartesiano tridimensionale considerato il fattore tempo. Secondo il Principio di Indeterminazione di Heisenberg (che svilupperemo nell’analisi della Fase 2) “non è possibile conoscere simultaneamente la quantità di moto e la posizione di una particella con certezza” perciò andrà valutata separatamente ogni posizione assunta dall’Osservatore (e in seguito anche del Soggetto osservato) dalla sua capacità e velocità di movimento nel sistema considerato.
Per Sistema si intende una localizzazione e/o una situazione conosciuta sulla quale delineare e studiare i parametri di movimento idonei nel trovare il potenziale totale nel quale esisterà il possibile soggetto da corteggiare. Per calcolare questo potenziale utilizzeremo i parametri di ricerca basati sull’Equazione di Drake: si tratta di un risultato probabilistico derivato da su un ragionamento speculativo che dovrebbe stimare il potenziale numerico di civiltà extraterresti, con intelligenza e tecnologia avanzata, esistenti nella nostra galassia.
Beh.. in apparenza potrebbe sembrare del tutto assurdo stimare tale cifra, ma a noi serve la metodologia di calcolo per trovare un potenziale numerico in un sistema reale e conosciuto con dati e parametri, sia noti che aleatori, introdotti secondo la propria reale conoscenza del sistema stesso.
Prima però qualche cenno riguardo l’Equazione di Drake:
Frank Drake propose negli anni sessanta una formula capace di stimare un probabile numero di civiltà aliene intelligenti esistenti nella Via Lattea. La formula è la seguente:
N=R*×fp×ne×fl×fi×fc×fm×L
(3.1)
Dove:
·N è il numero di civiltà extraterrestri evolute presenti nella Galassia.
·R è il tasso di formazione (la velocità media di formazione) delle stelle all'interno della galassia. Se è noto può essere inteso come il totale delle stelle esistenti al momento della stima di calcolo.
·fp è la frazione di queste stelle che possiedono sistemi planetari.
·ne è il numero medio di pianeti (in ciascun sistema planetario) con condizioni favorevoli per ospitare e/o sviluppo la vita.
·fl è la frazione di tali pianeti in cui la vita effettivamente si sviluppa.
·fi è la frazione dei pianeti abitati sui quali si sta evolvendo almeno una forma di vita intelligente.
·fc è la frazione di pianeti popolati da esseri intelligenti capaci di sviluppare una civiltà tecnologicamente avanzata.
·L è la durata di vita media di questa civiltà.
E’ chiaro che calcolare un numero esatto di forme aliene esistenti è praticamente impossibile, ma Drake attribuì dei valori approssimativi basati sull’osservazione e lo studio dei sistemi stellari ricavando un valore approssimativo di N=5000 con un tasso di crescita stellare di 20 nuove stelle all’anno per circa 10000 anni di osservazione.
Tornando al nostro algoritmo possiamo adeguare l’Equazione di Drake per trovare il potenziale numerico di possibili soggetti da corteggiare, nel quale ci sarà il nostro futuro possibile Soggetto.
Dalla posizione arbitraria, quindi senza nessuna valutazione di movimento, possiamo identificare il sistema nel quale si vuole agire, cioè raccogliere tutti i dati possibili per una Valutazione Territoriale: il totale delle condizioni idonee per delineare gli orizzonti del sistema in cui muoversi, come ad esempio il totale dei locali in una città o quartiere, una festa di laurea, un Comic Fest, eccetera. Adesso adattiamo i parametri dell’Equazione di Drake alle nostre esigenze ambientali di sistema:
N=R×Fp×Ns×Fr×Fi×Fc×L
(3.2)
Dove:
·N è il numero potenziale di ragazze/i con i quali è possibile di stabilire un rapporto relazionale.
·R è il numero complessivo degli spazi (e/o situazioni) di ricerca al tempo considerato.
·Fp è la frazione (in percentuale) degli spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze data da (Np/R)in percentuale dove Np è il numero degli spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze.
·Ns è il numero di spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze con alto tasso di socializzazione.
·Fr è la frazione (in percentuale) di spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze frequentato da ragazze/i compatibili con i propri parametri di scelta data da (Nr/Ns)in percentuale dove Nr è il numero di spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze frequentato da ragazze/i compatibili con i propri parametri di scelta.
·Fi è la frazione (in percentuale) di spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze con alto tasso di presenza di ragazze/i single data da (Ns/Ni) in percentuale dove Ni e il numero di spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze con alto tasso di presenza di ragazze/i single.
·Fc è la frazione (in percentuale) di spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze con alto tasso di sviluppo delle proprie capacità relazionali data da (Ns/Nc) in percentuale dove Nc è il numero di spazi (e/o situazioni) di ricerca compatibili ai propri gusti ed esigenze con alto tasso di sviluppo delle proprie capacità relazionali.
·L è l’estensione temporale in valore al totale ore giornaliere h/24
Proviamo a fare un esempio per capire meglio il significato della formula:
Usiamo come luogo di Valutazione Territoriale tutti i locali presenti nel quartiere Alfa della città Limite e che siano in tutto 20; diciamo quindi che il numero totale dei locali è dato da R = 20. Di questi 20 locali solo 16 sono compatibili alle nostre preferenze e gusti, per cui Np = 16. Quindi la frazione (in percentuale) dei locali compatibili ai propri gusti ed esigenze risulta essere Fp = 3,2.
Nel complessivo R valutiamo il numero dei locali compatibili alle nostre esigenze e gusti con il più alto tasso di socializzazione, che potrebbe essere 11, cioè Ns = 11. In Ns valutiamo il numero di locali frequentato da ragazze/i compatibili con i propri parametri di scelta, insomma il tipo di ragazze/i che ci piace e/o che sia molto socievole ecc. supponiamo che esistano 5 potenziali locali del genere da cui Nr = 5. Dunque, la frazione (in percentuale) dei locali compatibili ai propri gusti ed esigenze frequentato da ragazze/i compatibili con i propri parametri di scelta è Fr = 0,55.
Ancora in Ns cerchiamo di individuare il numero di locali con alto tasso di presenza di ragazze/i single, valutiamo una stima di 4 locali, Ni = 4. La frazione (in percentuale) di locali con alto tasso di presenza di ragazze/i single ci da Fi = 0,44.
Sempre in Ns valutiamo il numero dei locali con alto tasso di sviluppo delle proprie capacità relazionali, diciamo che ne esistano 7, cioè Nc = 7. Quindi la frazione (in percentuale) dei locali con alto tasso di sviluppo delle proprie capacità relazionali è Fc = 1,65.
Supponiamo che tale valutazione va fatta in una serata, tipo il sabato sera, per la durata dell’intera uscita, ad esempio 5 ore: la nostra estensione temporale in valore al totale ore giornaliere h/24 risulta essere 0,20833333.
Secondo l’Equazione di Drake adeguata ai nostri parametri di valutazione, in una serata di circa 5 ore e valutando i locali e il tipo di socializzazione in base alle nostre esigenze, gusti e capacità otteniamo:
N=20×3,2×11×0,55×0,44×0,77×0,208333=27,32
Cioè il numero potenziale di ragazze/i con i quali è possibile di stabilire un rapporto relazionale risulta N = 27,32 ovviamente approssimato a 27. Questo sarà il nostro Sistema noto di movimento dentro al quale è possibile ci sia il nostro soggetto da corteggiare.
Introduciamo una tabella di calcolo dove metteremo i dati a nostra disposizione:
Tabella 3.1
In un grafico a torta possiamo visivamente analizzare la nostra Valutazione Territoriale
Figura 3.1F
E’ possibile trovare la Tabella di Calcolo cliccando QUIe scaricarla cliccando sul riquadro Download Now. Seguite il procedimento usato nell’esempio, inserite i dati e calcolate il potenziale dei rapporti relazionali per la vostra Valutazione Territoriale e Ricerca di Compatibilità.
Se tra il numero potenziale N ci sarà la nostra persona compatibile con la quale si vuol instaurare un rapporto sociale/relazionale basterà passare alla Fase 2 dell’Algoritmo, altrimenti vale la pena rivalutare i propri parametri di ricerca, valutazione territoriale e capacità di movimento, magari azzerando il tutto e ripartire dalla posizione di partenza arbitraria.
4. Fase 2 – Capacità Relazionali
Ricordo una puntata di Star Trek dove un Comandante Romulano diceva: “Le donne romulane non sono come le femmine vulcaniane. Noi non siamo dedicate alla pura logica e alla sterilità della non-emozione”. Ma in realtà, sia i Romulani che i Vulcaniani non sono molto dissimili dalle situazioni comportamentali di un terrestre sia per logica che per emozioni. Nel corteggiare una donna o un uomo si seguono strategie relazionali che a rigor di logica hanno come obiettivo “il farsi piacere” dal soggetto da corteggiare: valutare un movimento (cambiamento) che possa spingere a proprio vantaggio la controparte ed infine valutare la sua nuova posizione ottenuta dopo il cambiamento (relazione, fase finale del corteggiamento). Quindi, nella seconda Fase abbiamo, nel nostro Sistema di riferimento, due particelle mobili che sono l’Osservatore e il Soggetto interessato (SistemaAB).
Il comportamento del Sistema AB dipende da una successione di interazioni causali sia da parte dell’Osservatore che del Soggetto. Tali interazioni sono il carburante sociale per muovere il sistema; esse sono costituite semplicemente dagli atteggiamenti, strumenti, metodologie che offrono la possibilità di acquisire informazioni per raggiungere un risultato. Le interazioni causali concretizzano le osservazioni, diventandone fondamento significativo.
A questo punto introduciamo il significato di Osservazione:
Con Osservazione si intende quell’elemento del processo sperimentale, controllato e guidato dall’Osservatore, che consente di reperire informazioni attendibili su una certa situazione fenomenica tramite il verificarsi o meno di interazioni causali con essa
Nel Sistema AB l’osservatore agisce secondo interazioni causali per raggiungere il suo obbiettivo: la relazione con il Soggetto.
La fisica teorica introduce tale situazione comportamentale come il Principio di Località i cui effetti possono essere spiegati analizzando un esperimento ideale chiamato Paradosso EPR.
Il Paradossodi Einstein-Podolsky-Rosen (EPR) è un esperimento con il quale si vuol dimostrare che una misura eseguita su una parte di un sistema quantistico può propagare istantaneamente un effetto sul risultato di un'altra misura indipendentemente dalla distanza che separa le due parti. In pratica una interazione compiuta su una parte (Soggetto) del nostro Sistema AB, spazialmente separato dall’altro in esso, può avere una reazione istantanea sull’altra (l’Osservatore) ma questo solo in apparenza perché sia l’Osservatore che il Soggetto sono parti osservabili tra loro ancora incompatibili in quanto fin ora non si hanno i valori definitivi di entrambi. Il Principio di Località afferma, invece, che “i processi fisici che avvengono in un posto non possono avere effetto immediato su elementi fisici in un altro luogo, separato dal primo”. Quindi in una fase di corteggiamento le interazioni causali dell’Osservatore si propagano immediatamente ma il loro effetto sul Soggetto non è istantaneo. Ma come si spiega il paradosso? Dipende dalla capacità di interazione tra l’Osservatore e il Soggetto, cioè le capacità relazionali del primo devono fare in modo di muovere il Soggetto ad una vicinanza possibile per cui la causa possa precedere l’effetto (principio di Causalità), ad esempio fare un determinato complimento che sappiamo già possa essere accettato, però c’è bisogno di una vicinanza infrarelazionale già “accorciata”: se si fa il complimento come frase di apertura in un approccio di corteggiamento non è detto che possa essere accettato, anzi potrebbe aumentare la distanza e quindi la separazione nel sistema implicando il fallimento del raggiungimento dell’obiettivo. Infatti il Principio di Località prosegue dicendo: “non possono esserci correlazioni tra eventi spazialmente separati se tali correlazioni non hanno avuto causa comune nel passato”, nel nostro esempio, in pratica, l’Osservatore ha avuto successo di interazione perché già ci sono state graduali interazioni da far muovere verso se stesso il Soggetto.
In fisica l’esperimento di Einstein, Podolsky e Rosen dimostrava l’incompletezza delle teorie di meccanica quantistiche, ma poterono farlo solo rinunciando al principio di località.
In conclusione nel Sistema AB l’Osservatore può muovere a suo favore il Soggetto operando con una successione graduale di interazioni causali che avranno effetto maggiore quando minore è la distanza di separazione tra loro due nel sistema stesso.
Questa situazione può essere considerata come una nuova posizione arbitraria.
Nel prossimo passaggio occorrerà misurare la velocità e la modalità di cambiamento dell’Osservatore e del Soggetto nel Sistema AB per poi valutarne la posizione finale del loro movimento: non è possibile considerare simultaneamente il movimento (avvicinamento o allontanamento) e le posizioni assunte ne cambiamento di Sistema. Per capire questa situazione introduciamo il Principio di Indeterminazione si Werner Heisenberg:
Il Principio di Indeterminazione stabilisce che non è possibile conoscere simultaneamente la quantità di moto e la posizione di una particella con certezza
Il principio non si applica soltanto alla posizione e alla quantità di moto, ma a qualsiasi coppia di variabili canonicamente coniugate. Quanto più esattamente si determina la posizione di una particella, tanto meno esattamente si può sapere la velocità, e viceversa (questo vale anche per altre coppie di proprietà specifiche), o più in generale: più si osserva un fenomeno meno lo si comprende. Ciò si spiega che durante un’osservazione vengono introdotte metodologie e strumenti che influiranno sul comportamento del fenomeno modificandolo, come ad esempio: osservare il movimento di una particella subatomica con un potente telescopio la quantità di moto può essere modificata dall’interazione delle particelle fotoniche emesse dalla luce del telescopio stesso. Anche il solo osservare modifica l’evento. Se riflettiamo su questo concetto concluderemo che in natura qualsiasi fenomeno è condizionato ed è impossibile determinarlo con esattezza. Ciò annullerebbe il rapporto causa/effetto fin ora analizzato e tutto avviene per caso ed in modo imprevedibile. Ma non è così. Neils Bohr diceva che “è sbagliato pensare che il compito della fisica sia scoprire come è la natura. La fisica riguarda solo ciò che possiamo dire su di essa” e il fisico John Wheeler sottolinea che "nessun fenomeno è un vero fenomeno finché non diventa un fenomeno osservato". Queste affermazioni cadono nel pensiero dell’idealismo soggettivo che ricorda un ragionamento sofista dell’Antica Grecia: "Non posso conoscere niente sul mondo. Se posso conoscere qualcosa non lo posso capire. Se lo posso capire non lo posso esprimere". Ma nel mondo della fisica ci si avvicinò più al concetto oggettivistico dell’osservazione contrapponendosi al pensiero soggettivo, in quanto esiste un mondo fisico oggettivo che si sviluppa secondo leggi immutabili indipendenti dal nostro intervento e noi ne siamo solo spettatori. Quindi un contrasto con i lavori di Bohr e Heisenberg che delinearono quella che fu chiamata l’Interpretazione di Copenhagen nella quale si afferma che la realtà esiste solo quando la osserviamo altrimenti esiste una situazione di rapporto certezza/incertezza come vedremo in seguito con il paradosso di Schrodinger. Deve esistere una netta separazione tra osservatore e osservato. Ciò che osserviamo non è la natura in sé ma la natura così come viene rivelata dal nostro metodo di osservazione. Causa – Effetto.
Nel Sistema AB l’Osservatore ha stimolato un movimento (avvicinamento) nei confronti del Soggetto con una successione di interazioni causali (principio di locazione) le quali sono oggetto di “disturbo” nei confronti della controparte causando un cambiamento della posizione iniziale del Soggetto che è possibile valutarla in determinati momenti del percorso lineare di avvicinamento, come se si valutasse a che punto è arrivata la fase di corteggiamento. Proseguendo con le iterazioni il Soggetto continua a muoversi nel sistema modificando ancora la sua quantità di moto, per poi fermarsi nuovamente e osservare ancora la posizione del percorso da valutare: ovviamente non è possibile valutare ogni posizione e contemporaneamente valutare un movimento in quell’istante, sarebbe come scattare una foto ad un’automobile all’istante X ma l’automobile si trovi da tutt’altra parte. Inoltre anche il Soggetto diventa osservatore perche acquisisce informazioni che hanno lo scopo di farlo avvicinare all’Osservatore/Corteggiatore e che fanno modificare il proprio stato: più lo si osserva meno lo si comprende e aumenta lo status di curiosità del Soggetto che può essere elemento di attrazione fondamentale in una fase di corteggiamento. Il Soggetto/osservatore modificherà la sua posizione arbitraria nel Sistema AB e per esserci arrivato ha subìto degli elementi che hanno modificato il suo movimento, avvicinandosi all’Osservatore/Corteggiatore, e a sua volta ha valutato la natura dell’evento analizzando l’Osservatore stimolato dal fatto che potrebbe conoscerlo meglio: il movimento del Soggetto è strettamente legato dalla posizione dell’Osservatore. L’Osservatore/corteggiatore e il Soggetto/corteggiato adesso sono effettivamente tutti e due delle grandezze osservabili.
Chiamiamo A il nostro Osservatore e B il Soggetto che sono le due grandezze osservabili nel Sistema; con x la posizione del Soggetto B e quindi con ∆x l'indeterminazione della posizione, che dipende dalle informazioni derivate dalla successione di interazione causale che chiamiamo λ; mentre con q la quantità di moto di B (q = mv => ∆q = mv dove m è la massa e v è la velocità di moto) e quindi con ∆q l'indeterminazione nella sua quantità di moto, si può facilmente vedere che anche dipende da λ e maggiore è la frequenza con cui avviene l’interazione, maggiore è l’avvicinamento di B nei confronti di A, cioè maggiore è lo scambio relazionale. Più precisamente si ha:
∆x≥λ e ∆q≥h/λ
(4.1)
Combinando le due equazioni otteniamo:
∆x×∆q≥ h/2π
(4.2)
dove h/2πè la costante di Planck di solito indicata con h ed è una costante fisica il cui valore è equivalente alla quantità di azione fondamentale. Essa equivale a 1,054571628(53)×〖10〗^(-34) Joule per Secondo; è l'unità di misura del momento angolare, cioè il momento della quantità di moto. Consideriamo m non la massa ma il totale delle iterazioni che nella successione hanno causato un avvicinamento e v la velocità/frequenza di ognuna di esse. L’equazione più dettagliata è:
(4.3)
Si ottiene:
∆x×∆v≥h/2πm
Esempio:
Supponiamo che in una successione di iterazioni causali abbiano influito ad un avvicinamento del Soggetto neiconfronti dell’Osservatore un numero pari ad m=100 ; nel totale ogni interazione è avvenuta alla velocità v=3m/min che è il valore di una interazione nel tempo limite di un minuto, quindi il valore di indeterminazione sia di ∆v=2 m/min che valuta l’errore sulla quantità di moto in una interazione in un minuto, come potrebbe essere un’affermazione offensiva o errori di vario genere: ciò indica che le iterazioni di avvicinamento variano del 1,5% in un minuto intorno al valore dato (3m/min). Mettendo i dati nell’equazione (4.3) si avrà:
∆x≥5,27285815(26)×〖10〗^(-37)
L’indeterminazione è così piccola da non poter essere presa in considerazione.
L’avvicinamento è avvenuto, c’è stato cambiamento di quantità di moto e nuova posizione del Sistema AB e quindi valutare la nuova posizione del Soggetto per intraprendere il percorso della terza fase con l’Approccio. Se non c’è stato un buon corteggiamento non è stato possibile valutare posizione e movimento del Soggetto che resterà nella sua posizione arbitraria nel Sistema AB. A questo punto è preferibile rinunciare e uscire dal Sistema e cercarne un altro secondo i procedimenti già verificati nella Fase 1.
5. Fase 3 – Approccio e Inizio Relazione
Questa nuova posizione arbitraria e di partenza del Sistema AB vede sia l’Osservatore che il Soggetto predisposti per l’inizio di una relazione o altro fine per cui si è intrapreso il percorso lineare di corteggiamento. Adesso la situazione impone l’Osservatore di compiere un azione e/o metodologia immediata, spontanea finalizzata per concretizzare la relazione in modo effettivo con il Soggetto. A differenza della Fase 2 il principio di località in questa nuova situazione pone davanti a sé una variabile aleatoria: quindi la causa produrrà un effetto non conosciuto trovandoci in una situazione di partenza in rapporto alla certezza/incertezza. Per spiegare questa situazione ci viene incontro Erwin Schrodinger e il suo Paradosso del Gatto. Lo scopo dell’esperimento era quello di dimostrare come nella fisica l’oggettività prevale sulla soggettività proposta dall’Interpretazione di Copenaghen che secondo lui risulta essere incompleta quando deve descrivere sistemi fisici in cui il livello subatomico interagisce con il livello macroscopico. L’esperimento, fittizio, non pratico e grottesco, consiste nel rinchiudere un gatto in una scatola di acciaio, ermeticamente chiusa e insonorizzata, insieme ad un macchinario posto in modo che non ci sia nessun tipo di contatto fisico tra esso e il gatto. Il macchinario è formato da un contatore Geiger nel quale è racchiusa una sostanza altamente radioattiva in quantità così minuscola che si da il caso che nel corso di un ora forse uno dei suo atomi si disintegra o, nel caso contrario, nessuno di essi. Se ciò succede, allora il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato. La prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono stati puri, ma miscelati con uguale peso. L’unico modo per scoprirlo è aprire la scatola ed osservare il risultato dell’evento in quanto prima di esso, a scatola chiusa, c’erano le stesse probabilità che il gatto fosse vivo o fosse morto. Fin quanto non si apre la scatola l’esperimento non si compie e lo stato del gatto gode della nostra indifferenza perché può essere sia vivo che morto.
Nel nostro Sistema AB succede esattamente la stessa cosa: per avere la certezza che si possa instaurare una relazione l’Osservatore deve compiere un’azione o usare una determinata metodologia (Approccio) affinchè il Soggetto accetti di intraprendere una relazione o ne risponda con un rifiuto. Nella nuova posizione arbitraria ci sono tutti i parametri idonei per compiere l’Approccio. Esso può essere di varia natura e di vario contenuto situazionistico e/o formale: potrebbe essere un bacio o un invito a cena o una dichiarazione d’amore per la quale è possibile valutare lo status di posizione o con l’accettare tale azione o rifiutare. In pratica l’azione spontanea è la stessa situazione in cui si apre la scatola per scoprire se il gatto è vivo o morto. Detto in modo improprio si scopre se il Soggetto “ci sta” o no (approccio riuscito o rifiuto). Ad Esempio: se lo scopo del corteggiamento è intraprendere una relazione di estensione temporale breve come un semplice rapporto sessuale occasionale il nostro Approccio in Fase 3 potrebbe essere un bacio; se il Soggetto/corteggiato si lascia baciare l’approccio è riuscito e gli sviluppi porteranno al compimento dell’atto sessuale e quindi l’obiettivo del percorso del nostro algoritmo è stato ottenuto e si è arrivati alla fine di esso. Invece se il bacio viene negato di regola c’è una negazione nel voler intraprendere quel tipo di relazione e di conseguenza implica l’allontanamento del Soggetto: cambia la sua quantità di moto e ritornerà nel suo punto di posizione arbitraria, cioè prima che l’Osservatore cominciasse il suo iter di corteggiamento. Stessa cosa succede all’Osservatore che per effetto entropico ritorna in una fase di posizione di partenza e ricominciare il percorso dell’algoritmo rivalutando i parametri iniziali.
6. Conclusioni
Con questo articolo si è visto come l’osservazione è la base e lo stimolo per una pianificazione sia scientifica che sociologica. Le scienze matematiche e la fisica teorica sono onnipresenti in una qualsiasi situazione che implica un’osservazione e grazie ad essa valutarne i risultati. L’algoritmo del corteggiamento e lo sviluppo delle sue tre Fasi secondo tali principi teorici sono solamente l’osservazione di un comportamento umano del tutto semplice, naturale, spontaneo. Il corteggiamento resta un arte che solo un buon artista può porre in essere, quest’algoritmo non spiega ciò, non dimostra che è possibile sempre corteggiare perché le strategie e le capacità relazionali poste in qualsiasi situazione dipendono solo ed esclusivamente da se stessi. Si può benissimo corteggiare una persona compiendo direttamente le azioni della fase 3 e magari va a buon fine, o lasciare il platonico sentore dell’amore non oltrepassando la fase dell’approccio e via di seguito. In amore tutto è lecito e non sarà un algoritmo a spiegarci come si sviluppano le cose. Quello che si è voluto analizzare è una situazione lineare comportamentale in generale. Ma si possono sviluppare tante situazioni correlate da poter prolungare e intrecciare gli stadi comportamentali come ad esempio corteggiare una ragazza che è già corteggiata da un amico, oppure la scoperta di un amante, eccetera causando un’instabilità dove il rapporto causa/effetto seguirà leggi entropiche e iniziazioni al caos.
Il nostro algoritmo si ferma nella fase “felice” di un corteggiamento: aver ottenuto ciò che si voleva ottenere e cioè la relazione. Se si volesse continuare si potrebbe analizzare come gli stadi successivi all’inizio di una relazione avranno un andamento dapprima di crescita passionale, nel quale è inclusa anche la fase di corteggiamento, ma che nel tempo, una volta raggiunto l’apice, ne decade fino alla inevitabile fine del rapporto. L’andamento è simile ad una curva a campana del tipo Gaussiana chiamata Curva di Hubbert, nome preso dallo stesso studioso che l’ha realizzata. Analizzandola si può capire con quale modalità si potrà consumare una relazione, incoraggiarla fino ad arrivare ad uno stadio dove ci sarà il picco e da li il consumo delle risorse nel rapporto di coppia instaureranno una fase di decadimento alla fine della quale la relazione terminerà e l’Osservatore e il Soggetto ritorneranno ognuno nella propria posizione arbitraria di partenza.
Figura 6.1 - Curva di Hubbert
Le cause di decadimento sono tra le più svariate, una può essere l’intervento di un terzo che muoverà il Soggetto in un moto diverso e contrario dall’Osservatore dove quest’ultimo subirà una condizione entropica perché non valuterà mai il cambiamento in base alla quantità di moto ma bensì osserverà la posizione del Soggetto del tutto variata, ad Esempio: il Soggetto tradisce l’Osservatore ma quest’ultimo continua a chiedersi il perché lo ha fatto nonostante stiano insieme, cioè valuta la posizione e quindi per il principio di indeterminazione non può contemporaneamente misurare la sua velocità e modalità di cambiamento. I rapporti finiscono anche perché da parte di una delle variabili osservabili, o tutti e due, si scopre l’esigenza di ritornare nella posizione arbitraria di partenza: succede sempre quando finisce un amore e non per caso una della frasi più elaborate in questa situazione è perché si vuole cambiare, rimettersi in gioco, letto nella nostra analisi: ritorna allo stadio di partenza della Fase 1 dell’algoritmo.
Il principio di indeterminazione spiega, come si è visto, come ci si possa trovare in una posizione diversa da quella di partenza. E’ un dato di fatto che in un rapporto di coppia il reciproco osservarsi implica i movimenti dell’uno nei confronti dell’altro, per piacersi e per farsi piacere; l’osservazione reciproca ha per effetto la voglia e l’interesse di capire l’altro trovandosi sempre in nuove situazioni piacevoli e quindi in nuove posizioni nel sistema: questa è la dimostrazione che chiunque in un rapporto di coppia ha la tendenza nel cambiare se stesso in virtù dell’altro… “quando si è fidanzati si cambia!”… “Da quando è fidanzato è cambiato molto!”…
Ma anche cambiare il proprio modo di essere implica delle limitazioni perché dopo una soglia, come si è visto nella curva di Hubbert, si passa ad un iter contrario che annulla il precedente percorso. E ciò non è piacevole. Per dirla come il Capitano James T. Kirk: “Il troppo di ogni cosa, amore compreso, non è necessariamente un bene”.